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MF 28/10: Dietro quelle due portaerei a difesa di Israele c'è il tentativo di Biden di riportare gli Usa al centro del mondo

28/10/2023 6:41am

MF Dow Jones (Italiano)


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(da Milano Finanza)

Basteranno le due portaerei da 200 mila tonnellate che gli Usa hanno schierato a protezione di Israele per far recuperare al mondo intero il convincimento che l?America è sempre il paese più potente e più orientato alla difesa dei valori occidentali?

L?obiettivo delle due portaerei è chiaro: dissuadere Hamas-Hezbollah-Jihad islamica e l?Iran, che li benedice, a stare bene attenti a non aprire altri fronti, in particolare al confine libanese. Con questa mossa, anche se per molti aspetti inevitabile, Joe Biden appare in un certo modo rivitalizzato. Tuttavia, più agli occhi del mondo occidentale che agli occhi degli stessi americani.

È come un sentimento sottile ma inequivocabile che si sente atterrando in questi giorni a New York. C?è un senso di mestizia che è pari al pallore del suo presidente. Anche in un luogo quasi sacro per l?intellighenzia americana come Harvard, sia pure nell?Harvard Club di New York, si respira più preoccupazione che determinazione. E non soltanto perché nei giorni scorsi ben 33 gruppi di studenti di Harvard hanno pubblicato una lettera in cui tutta la responsabilità di quanto sta succedendo in Israele e Palestina viene attribuita a Israele. La contestazione studentesca è sempre esistita e le università americane hanno il pregio, anche per la loro forma giuridica prevalentemente privata, di essere aperte a tutti quelli che meritano e che pagano, indipendentemente dall?idea o dalla nazionalità.

L?intelligence degli Usa ha fatto fiasco?

È mestizia perché intanto lo stare dalla parte di Israele, che è un must, non fa passare in secondo piano che a fronte delle centinaia di ostaggi catturati da Hamas ci sono migliaia di morti palestinesi prima ancora che l?annunciata azione di terra da parte del governo di Israele abbia avuto inizio. Ma soprattutto perché il fortissimo apparato di informazione degli Stati Uniti, come del resto quello più diretto di Israele, non aveva avuto la minima percezione di quanto Hamas stesse preparando e forse neppure dei 300 km di gallerie in cemento armato che sono state realizzate nella striscia di Gaza dai terroristi. C?è come l?idea che, avendo concentrato molto di tutto il sistema americano sulla guerra della Russia contro l?Ucraina e sullo scontro con Pechino per Taiwan, il sistema americano abbia perso di vista il resto del mondo a parte, appunto le mosse molto impegnative di favorire, in chiave Taiwan, la pace fra Giappone e Corea del Sud e fra Giappone e Filippine, con la costruzione di decine di basi militari nel paese dove è ritornato al potere un rampollo della famiglia Marcos.

Proprio ad Harvard si pensa invece che quanto avverrà fra Israele e il Medio Oriente riguarderà direttamente l?America e il mondo. Per questo il democratico Biden ha preso il coraggio a quattro mani e ha mandato le due portaerei per mostrare la tuttora preponderante potenza bellica americana ed evidenziare che la politica isolazionista del partito repubblicano paga sempre meno.

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Le difficoltà di Biden

Anche se fosse meno tremolante di quanto appare, il compito del presidente Biden è diventato veramente difficilissimo, per varie evidenti evoluzioni nel mondo. In primo luogo, c?è il tentativo, ancora incerto, di creare un rapporto solido con l?India e con l?Arabia Saudita, due paesi che guardano sempre di più a una dimensione transnazionale e che proprio per questo mirano ad avere buoni rapporti con gli Usa, ma non a essere dagli Usa eterodiretti. India in Asia e Arabia Saudita in Medio Oriente non perseguono certo il caos, anzi lo combattono, ma appunto rispetto agli Usa più che un buon vicinato non vogliono avere; insomma, collaborazione ma non dipendenza, nonostante tutti gli sforzi recenti di Washington per far diventare l?India nemica della Cina e riferimento assoluto degli Usa nel grande continente asiatico.

In secondo luogo, la confusione se non il caos che c?è per l?Iran in tutto il medioriente, sommata al costo di armi e non solo per sostenere la difesa e talvolta l?attacco dell?Ucraina contro la Russia, comportano un consumo non indifferente di qualsiasi tipo di risorsa americana, da quella economico finanziaria a quella politica e militare, naturalmente.

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E se la Cina...

Ma c?è un altro aspetto che deprime e preoccupa in questo momento gli Usa. E riguarda la chiara volontà della Cina di reinterpretare e modificare, facendone propaganda, i cardini della democrazia occidentale. Non di annullarli ma di far pesare su diritti umani, democrazia e di conseguenza libertà il cosiddetto pensiero del presidente Xi Jinping, che cogliendo, tutto sommato una debolezza degli Usa, ha tolto dalla Costituzione il limite di due mandati, che era uno dei cardini che più avvicinava la Cina al mondo occidentale dopo la definizione del paese che aveva dato il vicepresidente Deng Xiao Ping e cioè il concetto di una Cina paese comunista ma con strumenti capitalistici. Perfino la Russia, alla fine del regime totalitario, tentando di avvicinare la democrazia, aveva previsto nella costituzione che il presidente non potesse fare più di due mandati consecutivi. Fatta la legge trovato l?inganno da parte di Vladimir Putin, che ha lasciato invariata la costituzione ma dopo i suoi primi due mandati ha fatto nominare presidente per una legislatura la sua testa di legno, Dmitry Medvedev, che era primo ministro e Putin stesso ha fatto un mandato da primo ministro, per poi tornare a fare il presidente per altri due mandati. Vanificando così uno dei principi più classici della democrazia.

E a parte questi aspetti costituzionali di democrazia, i reciproci aiuti fra i paesi più nemici degli Usa si stanno facendo importanti: la Russia gode della fornitura dall?Iran di droni per la guerra contro l?Ucraina; sempre l?Iran fornisce petrolio alla Cina; e in una qualche misura Russia e Cina, ambedue nel consiglio di sicurezza dell?Onu, hanno protetto Hamas, che inevitabilmente e non solo per i droni, è aiutato dall?Iran.

L?incognita Trump

La preoccupazione che si percepisce fra gli americani più autentici e quindi più votati ai principi della democrazia e più ideologicamente impegnati per la maggiore diffusione possibile dell?essenza della democrazia, è quale potrà essere l?esito delle elezioni. Evidentemente, se vinceranno i repubblicani e se ritornasse presidente Donald Trump, sarebbe sicuro il rifiuto di una responsabilità globale a garanzia della democrazia. C?è comunque chi non si meraviglia del possibile disimpegno degli Usa, indipendentemente da Trump, e forse anche nel caso di candidatura e vittoria della repubblicana, Nikki Haley, nata nel 1972, ex ambasciatrice Usa all?Onu. C?è chi ricorda che nella Seconda guerra mondiale gli Usa entrarono nel conflitto solo dopo l?attacco giapponese a Pearl Harbour, nel 1941. Dopo liberarono l?Europa, ma decisero anche di usare la bomba atomica per sconfiggere il Giappone, con oltre 250 mila morti a Hiroshima e Nagasaki.

Usa vs Cina: lo scontro eterno

Se gli Stati Uniti appaiono meno decisivi sullo scacchiere militare, il loro primato nel campo economico e della produzione è fuori discussione. Con cinque volte gli abitanti Usa (per la precisione 1,5 miliardi), la Cina, nonostante i balzi in avanti fatti negli ultimi 45 anni, non ha scalfito il primato che vede gli Usa realizzare il 25% della produzione mondiale appunto con 20% della popolazione cinese. La tecnologia americana è tuttora superiore anche se la Cina sta crescendo, peraltro proprio grazie al fatto che per ottenere i costi più bassi alcune produzioni importantissime americane, come quelli di Apple, sono state fatte eseguire in Cina. Quando la Cina ha assunto il ruolo di secondo leader per tecnologia, gli Usa hanno sollecitato, per esempio sempre l?Apple, a spostare la produzione in Vietnam e in India. Probabilmente i buoi però sono già scappati. Sono nati così i divieti per aziende cinesi di andare in Usa e anche nei paesi europei, come per esempio nei confronti di Huawei, che ha la tecnologia migliore per il 5G.

Ciò che per le differenze di regime gioca tuttavia a vantaggio della Cina è il forte controllo sulla degenerazione dell?uso di internet e delle tecnologie derivate. È stata per prima la Cina, infatti, a porre limiti all?uso dei device da parte dei ragazzi e ovviamente fenomeni come Facebook o Instagram, almeno dal lato negativo, in Cina non si stanno verificando. Per contro, in un paese dove trionfa la libertà assoluta, le degerazioni sono molto gravi e l?ex-presidente Barack Obama l?ha pubblicamente denunciato nel suo discorso alla Stanford University, come in queste pagine è stato ampiamente documentato.

La leadership degli Usa è a rischio?

Qualcuno, anche in occidente, ritiene che per i motivi esposti il clima un pò depresso che si percepisce perfino a New York, dove l?eccitazione è sempre al massimo, faccia parte di un inevitabile ciclo. La ripresa o la caduta dipenderà molto da chi sarà il futuro presidente e che politica adotterà. Paradossalmente, nella vicenda Israele-Hamas, l?invio delle due portaerei non solo ha fatto dare un segno vitale al presidente Biden, ma potrà anche indicare se in un mondo sempre più complesso gli Usa potranno conservare e in parte recuperare un ruolo primario. Dipenderà anche dalla capacità di dialogo e cooperazione che l?America avrà in primo luogo con l?Europa e certamente un passaggio decisivo sarà quello di trovare un modus vivendi con la Cina, dove non a caso dopo le forte tensione per il pallone spia, tutti i maggiori componenti del governo Biden negli ultimi tre mesi sono andati direttamente a Pechino. Non certo per acuire i dissensi. Sul piano economico, la Cina è talmente importante per gli Usa, che se non coltivassero la relazione vorrebbe dire che lo scontro per Taiwan avverrà. Ma vorrà anche dire che né gli Usa né la Cina hanno deciso di non prestare fede a quanto suggerì 65 anni fa il presidente Mao, come ha ricordato il centenario Henry Kissinger. Sia all?ambasciatore di Pechino a Washington che nel suo viaggio recente in Cina, Kissinger ha ricordato la frase di Mao su Taiwan: "Quella parola non dovrà essere pronunciata per almeno 100 anni". Ne mancano ancora 35, ha ricordato Kissinger.

Quella partita per Mediobanca

Non è certo per l?utile record (351 milioni, + 34% sull?esercizio precedente) che la famiglia Benetton si è orientata a votare per la lista del consiglio d?amministrazione di Mediobanca. La ragione è legata al cambiamento di filosofia gestionale che è stata introdotta da quando è diventato presidente Alessandro Benetton, anche l?unico della famiglia che ha chiesto scusa con parole adeguate per il disastro del Ponte sul Polcevera, quando il gruppo di Ponzano era controllore di Autostrade per l?Italia e i capi di allora tolleravano con soddisfazione economica le mancate manutenzioni decise dall?ad Giovanni Castellucci, che così vedeva salire i suoi bonus. La cultura di Alessandro, figlio del geniale Luciano, è maturata con studi internazionali e master e con la decisione di avviare una attività in proprio nel settore dei private equity. Con 21 Investimenti, Alessandro ha saputo avere successo nel settore finanziario più sostificato, apprendendone a fondo le regole. Soltanto quando suo padre Luciano, che aveva creato un impero partendo dall?idea geniale di confezionare golf con filati neutri per poi tingerli con i colori che in quella stagione tiravano di più, gli chiese di tentare di rilanciare il network Benetton, Alessandro era entrato nell?attività di famiglia per poi tornare a 21 Investimenti. Dopo la tragedia del ponte è stato inevitabile per suo padre, gli zii e i cugini chiedergli di salire al vertice di edizioni che controlla tutto il gruppo. E insieme all?ad, professor Enrico Laghi, uomo di altissima professionalità, ha subito dato un nuovo sviluppo al gruppo ribattezzando anche la holding Atlantia in Mundys, trovando subito intesa con gli altri soci internazionali e avviando un programma di forte sviluppo.

La cultura manageriale e finanziaria di Alessandro Benetton non è certo quella dei Caltagirone e di Francesco Milleri, che ora guida il colosso creato da Leonardo Del Vecchio. Un?accoppiata che aveva già tentato l?assalto a Generali che ha riprovato a imporre in Mediobanca l?abbandono dei migliori criteri di governance internazionale. (riproduzione riservata) (Milano Finanza)

 

(END) Dow Jones Newswires

October 28, 2023 01:26 ET (05:26 GMT)

Copyright (c) 2023 MF-Dow Jones News Srl.

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